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      Lettera che poteva dirsi un sunto di tutti i discorsi che ci aveva tenuti su quest'argomento, ogni volta che l'occasione se n'era offerta. Tanto gl'importava di farcene convinti!
      Purtroppo quest'uso, non delle razze greco-latine ma delle nazioni nordiche, ha le sue radici nel senso del quale piú difficilmente il cuore umano si spoglia: la vanità. Quante cose anderebbero meglio al mondo se la vanità si mutasse in orgoglio? Questo basta a se stesso. La vanità vuol l'applauso. È dunque nello spirito pubblico il rimedio. Manchi l'applauso, scomparirà il duello. In Inghilterra, dove l'opinione non lo accarezza, disparve.
      Senza mettersi nella questione del suo valore morale o razionale, ché troppo ci vorrebbe, v'è ad ogni modo un buon consiglio pratico da dare ai giovani.
      Considerate sempre un duello come cosa molto seria. Potete uccidere o rendere impotente ed infelice per la vita un uomo, e trafiggere insieme con esso molti cuori. Potrebbe venire il tempo in cui questa memoria vi sembrasse una macina sullo stomaco. Parlo del duello davvero; il duello per cerimonia è ridicolo; onde sotto i due aspetti è un tristo fatto. Evitatelo quanto potete.
     
     
     
      CAPITOLO XII
     
      La formazione d'un reggimento di cavalleria è una vera fatica. Io che, secondo il mio grado, mi ci adoperavo con zelo, e che di piú m'accollavo tutte le triste fatiche della vita birichina; io che dopo una giornata d'esercizi, tramontato il sole, salivo a cavallo, e per viottoli scappavo a Torino a far il matto tutta la notte, trovandomi però puntuale al quartiere alle tre e mezza della mattina, ora della diana; si può credere facilmente che dopo pochi mesi mi trovassi in condizioni da dover pensare alla salute.
      Cominciavo altresí a sentire quanto sia vuota l'esistenza dell'ufficiale di guarnigione in tempo di pace.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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