E questo volevo. Amavo distinguermi.
Ora, la mia confessione si trova a buon porto, e presto avrò finito. Non voglio però lasciar indietro un'ultima storiella che ebbe pure molto incontro allora. Dirò come Brantôme: encore celle-ci et puis plus!
A me ed a parecchi birbotti era venuto in capo d'andar a Milano. Ma erano tempi di pecunia oscuri, e fra tutti, il capitale da investire in baracche alla cassina d'ij pomm e simili, era di proporzioni veramente lacrimevoli. Come si fa, come non si fa? Guarda di qua, guarda di là per casa se c'era da far bottino. Inutile! proprio, come dicevamo nel nostro gergo, "per aria non volava una mosca". Eppure, a Milano s'aveva da andare.
Un giorno, trovandomi solo in camera tutto immerso in profonde riflessioni sul gran problema, mi venne volto lo sguardo a due ritratti a olio che erano attaccati alla parete dirimpetto.
Per mia fortuna, un conte di Lagnasco aveva avuta l'ottima idea (come nel secolo XVII era usanza dei gentiluomini che non trovavano a far bene in casa loro) d'andar a cercar ventura in Germania. Era stato ai servigi del re Augusto III, e comandante la sua guardia in Polonia. Una Wallenstein, della casa del famoso duca di Friedland, l'aveva trovato di suo gusto e sposato; e quel che piú faceva al caso mio, s'erano ambedue fatti ritrarre da Rigault, pittore di molta celebrità in quell'epoca, di gentile e simpatica maniera.
Le loro due figure, il maschio in corazza colla gran parrucca di Luigi XIV, e di piú, incipriata; e la femmina coi capelli alla Sévigné, l'abito aperto e scollato del tempo, chiuse in due cornici ricche e d'antica maniera, tornavano, come dico, la parete dirimpetto mentre stavo nell'accennata meditazione; e, come pur dissi, volto lo sguardo alla bella testa del mio felice arcibisavo, mi parve che mi guardasse con occhio pietoso quasi, non ignarus mali, m'invitasse a gettarmi nelle sue braccia in una cosí spinosa circostanza.
| |
Brantôme Milano Milano Lagnasco Germania Augusto III Polonia Wallenstein Friedland Rigault Luigi XIV Sévigné Guarda
|