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      Il chinino per la campagna romana è certo la piú benefica delle invenzioni: non avendo né vapore, né stampa, né tante altre scoperte, abbia almeno il chinino, che certo pei campagnoli vale tutte l'altre.
      I miei studi in materia d'arte progredivano intanto col medesimo fervore: a Roma nello studio di mastro Verstappen, ed in villa dal vero.
      Martino Verstappen d'Anversa era uno de' migliori e piú interessanti artisti di quell'epoca. Egli dalla nascita mancava della mano diritta; invece della quale ebbe solo due o tre informi dita che pur gli servirono a tenere una tavolozza combinata apposta per lui, e dipingeva colla sinistra. Ebbe i meriti come i difetti de' Fiamminghi: colore, esecuzione e poco disegno. Ma fu tanto il suo amore del vero, e non del vero brutto, ma del vero bello, tanto il suo affaticarsi a studiare in campagna ad onta di tutti i pericoli, gl'incomodi e le fatiche, che giunse a far quadri dotati del primo fra i meriti, quadri simpatici e che incontravano, coi quali radunò tanto da poter vivere convenientemente.
      Quest'uomo dabbene era ottima persona, ma viveva ritirato, fuggendo non solo le compagnie allegre, ma tutti in generale: s'alzava col giorno, lavorava fin che ci vedeva, e poi la sera faceva miglia e miglia per Roma, sempre solo, coll'unico fine di scuotersi e far lavorare le gambe. La robustezza sua esigeva gran moto, e per non perdere il giorno, camminava la sera, piovesse o diluviasse. A questa sua vita romitica veniva condannato da un carattere diffidente al superlativo grado. Era venuto in Italia Dio sa con quali idee sugl'Italiani: e non dico che sieno angioli. Ci sono anzi, e v'erano a Roma, in ispecie allora, galeotti a iosa d'ogni categoria; ed anche senza parlar di birbi, gente alla quale un po' per profittarsene, un po' per gusto, non sarebbe parso vero di metter in mezzo, e dar delle corbellature - frase tecnica - "ad un tufo Tedesco, e farlo Martino": - che in gergo vuol dire appunto farlo restar minchione.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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