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      Ma penso di non farne niente, ed eccone le ragioni.
      Prima di tutto in questo genere, mutati i nomi, ritornano sempre le istesse storie.
      In secondo luogo: leggendo le vite autografe degli altri, e trovando descritte le loro conquiste, gli autori mi sono sempre sembrati un po' ridicoli. Quelli poi che s'inteneriscono ricordando la strage che menarono nei cuori femminili; quelli che trovando, verbigrazia, una donna in una bottega, che si misura un par di guanti che li guarda tanto per non farsi pestare il vestito, mettono anche lei nella lista delle conquiste; quelli finalmente che spargono fiori sulla tomba di qualche angioletta morta d'amore (o di gastroenterite) per loro; tutti questi sfoghi d'un cuore inconsolabile versati nel vasto seno del pubblico m'hanno sempre fatto il senso d'una delle piú allegre mascherate della vanità umana. Dunque raccontar fortune è ridicolo, raccontar poi fiaschi... parliamoci chiaro, caro lettore, non trova che si può cercare un argomento piú divertente? Perciò la meglio è non raccontare né bianco né nero. Queste sono le ragioni del tornaconto: ecco ora le ragioni della convenienza e del cuore.
      L'affetto vero, leale, incondizionato, è un gran tesoro; è il piú grande che esista. Se vi fu donna che ve ne desse tutte le prove possibili, dovete in ricambio gettare il suo amore alla pubblicità? Non si dicono i nomi. lo so. Ma chi fu conosciuto da molti, può egli velare i fatti, i diversi periodi della propria vita al punto che i nomi non s'indovinino facilmente?
      Ho sempre considerata l'ingratitudine come una delle piú ignobili depravazioni dell'anima umana. Ma l'ingratitudine verso una donna che v'abbia amato veramente, lealmente, fosse anche per un'ora sola, mi sembrò sempre una delle ingratitudini piú basse.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890