- sempre l'ho scordata volentieri come occasione prossima di molti mali - onde addussi a mio padre questo vittorioso impedimento, ed egli se ne contentò. Ma il Duca volle esser meco gentile, e mi fece dire d'andare come mi trovavo; e cosí lo vidi, e dovetti subire il divertimento d'un'udienza. Se fu una seccatura per me, il Duca credette usarmi cortesia, dunque sia pure Francesco IV quanto si vuole, o non accettarla o riconoscerla: e cosí fo.
Da Modena per Brescello, Mantova, Verona e Padova si andò a Venezia. A Verona vidi Pindemonte. A Venezia vidi i due pezzi tedeschi in batteria dinanzi al palazzo Ducale; li vidi di nuovo in quell'Arzanà de' Viniziani "ove bolle d'inverno la tenace pece," e dove bolliva molto piú a me il sangue nelle vene visitando que' grandi spazi coperti, que' profondi scavi ordinati alla costruzione delle antiche galere, e pensando... Ma non son piú a scuola e non fo rettorica; dunque, caro lettore, se è Italiano, e se sa la storia, quel che pensavo a ventun'anni amando l'Italia ed odiando il giogo straniero, se lo può figurare. Oh come mi vergognavo d'essere Italiano! Come smaniavo d'aver un giorno occasione non dico di battere (mi contentavo d'esserne battuto pur di combattere!) i Tedeschi! Ma nel 1820, in maggio, com'era probabile? Perciò vivevo in una tristezza rabbiosa, che sfogavo con sonetti e canzoni, robaccia da far scappare, credo io, anche i Tedeschi se l'avessero udita recitare.
Un'idea mi confortava: Venezia, Roma, Cartagine sono state grandi, sono state forti, sono state prepotenti anche loro come Vienna; e verrà il suo giorno per Vienna come è venuto per loro. Chi m'avesse detto allora che i miei occhi prima di chiudersi per sempre l'avrebbero pur veduto!
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