Roba di poco valore artistico; ma c'era colore, ed un certo effettaccio che tutto insieme a chi non capiva poteva piacere.
L'amor proprio non era il solo incentivo che mi spingeva a lavorare; v'era di rinforzo l'altro incentivo del bisogno; ed avevo buona speranza di esserne tratto, ove mostrassi presto che non ero andato a Roma per far vita beata. Non era possibile proprio che avessi di che vestirmi e supplire a molte altre necessità; e mi ridussi a curiosi espedienti.
La padrona che m'affittava lo studio era vedova d'un architetto che s'era chiamato non so come, ma che essa chiamava soltanto el pover sur Basili. Essa era un'antica ballerina milanese, brutta e buonissima donna. Rimasta sola e con pochi mezzi, s'aiutò a far danari di tutto, e dovendosi dar fuoco anche alla guardaroba, mi fu accordata la preferenza come inquilino, e potei essere il primo ad esaminarla. Siccome il defunto era stato alto come me, parecchi capi del suo spoglio passarono con poca spesa del mio corredo. Ma siccome egli era molto piú grosso, negli stivali suoi c'entravo tre volte. I miei amici vedendomi i piedi in queste barche, ridevano; e per molti anni, quando si voleva ricordarmi que' miei primi esordi nell'arte, si diceva "l'epoca degli stivali del sor Basilio."
Con quella stoffa che a Roma si chiama borgonzone, calda, col pelo, tutta di durata e niente di figura, m'ero poi fatta una muta per uso giornaliero; e cosí vivevo, e cosí vissi per anni.
In tutto ciò v'era sacrificio. Per molti avrebbe anzi potuto essere sacrificio dolorosissimo; ma non voglio ingannare il lettore per farmi valere; a me la mia caduta in un'indigenza relativa non cagionava un momento di malumore. Prima di tutto ventun anno, buona salute, e piena indipendenza, sfido ad esser di cattivo umore.
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