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      ), Torino era diventata la città piú noiosa, piú insopportabile di tutta Italia; io non mi ci potevo vedere, e me ne stavo a Roma.
      Le opinioni che ho manifestate sulla rivoluzione del Ventuno non sono forse quelle di molti in Piemonte ed in Italia oggidí; ma sono le mie. Il mio programma m'impegna a dir quel che penso io, e non a piaggiare, perché io non scrivo per farmi popolarità, ma scrivo per tentare d'esser utile, se mi riesce, e per mantenere la mia riputazione di galantuomo: perciò le esprimo chiaramente.
      Tornato a Roma da Castel Sant'Elia, non vi feci lungo soggiorno. In luglio non potevo pensare a mettermi altro che ne' monti; altrove c'è la febbre. Io scelsi quindi per mio soggiorno Rocca di Papa, ed immediatamente vi cercai casa per mezzo del mio compagno di studi, che possedeva una villetta alle falde del monte sul quale siede il paese.
      Ora la campagna romana comincia ad aprirsi alle ferrovie. Al tempo della mia gioventú non c'erano di questi lussi; perciò una sera, rannicchiate le mie gambe in una delle solite carrettelle, nelle quali si occupa uno dei sei posti disponibili, arrivai all'ora solita, la calata del sole, sulla piazza fuori la porta di Frascati.
      Qui presi un somaro, gli caricai il mio bagaglio, e messomelo avanti lo seguitai a piedi su per la montagna, pe' viottoli che conducono alla Rocca.
      La Rocca è una delle piú belle posizioni dell'agro romano.
      Per chi non è stato a Roma dirò, che dalla porta San Giovanni in Laterano guardando a scirocco, si scorge dopo quattordici miglia di una pianura leggermente ondulata ove non sorge un albero, ma solo sepolcri ed infranti acquedotti, si scorge, dico nel vapore de' giorni sereni, una linea di monti azzurri di grandiose forme, che, partendo dalla Sabina, si vengono alzando con variati e graziosi contorni sino ad una punta piú elevata di tutte, detta Monte Cavi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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