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      Tutte cose che le mettono in una categoria molto diversa dalle nostre villane di quassú, sformate dalla fatica, sudicie, scapigliate, che rimangono a bocca aperta a guardarvi, se avete a dire loro appena una parola.
      Con questo non intendo che quelle villane di là sieno sempre angiolette di dolcezza e di pace. Le loro passioni sono veri turbini talvolta. Lo spillone d'argento col quale fermano al capo le loro trecce, che si chiama spadino, non per niente porta questo nome gentilmente belligero. Esso qualche volta è stato ministro di vendette femminili, ovvero arme pericolosa per definire questioni. Io non lo vidi mai splendere in nessuna bianca mano; ma mi ricordo un anno di siccità in Genzano, mancando quasi l'acqua alla fontana, venne dalle donne disputata persino a colpi di spadino.
      La mia vedova, che non era non piú giovane, doveva forse averlo adoperato nelle grandi occasioni. Un giorno m'entrò in camera cogli occhi fuori della testa dicendomi tronco: - Sor Massimo, datemi l'archibuso! - E senza molte mie istanze, mi confessò che voleva dirigerlo contro un tale che le avea fatto non so qual dispiacere. Come si può credere, io non le diedi nulla, e la mandai in pace.
      Tale è il carattere e l'insieme di quelle villane, delle quali credo d'aver delineato la fisionomia abbastanza fedelmente. Se le sue labbra, signor lettore, si atteggiassero in questo momento ad un sorriso, e se pensasse che io le abbia studiate abbastanza da vicino per doverle ben ritrarre, le dirò ch'ella prende errore. Sul mio onore, non ebbi mai con nessuna di loro la minima relazione. In campagna andavo per studiare e non per divertirmi: e poi se una qualche altra persona m'avesse interrogato sui miei portamenti, non mi garbava trovarmi nel bivio fra una confessione ed una bugia.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Genzano Massimo