Nel primo tomo ho già espressa l'opinione che la civiltà cristiana cammina risolutamente su questa via, ed ho citato gli esempi di Ghino di Tacco e di Carlo Baglioni per mostrare la differenza dai loro ai presenti tempi. Ora qui lo ripeto, ed aggiungo che è dovere de' governi e de' loro capi, come è dovere di tutti quelli che in qualche modo pongono mano al gran propulsore della pubblicità, il cooperare a questo movimento impresso al mondo verso un criterio migliore.
I principi ed i potenti coll'esempio, i ministri ed i parlamentari colla parola, gli scrittori colla penna, proclamino al mondo da' tetti, dalle torri, dalle cime de' monti che la prima legge è far bene agli uomini; che è buono, è bello, è grande, è onorato, è glorioso ciò che li rende felici; come è cattivo, è brutto, è meschino, è vergognoso, è vituperevole ciò che li rende infelici piú che non erano.
Se tale fosse il sentire universale, la violenza sparirebbe dal mondo. Sembrerebbe dunque che questo dovesse essere il credo dei deboli e dei piccoli, che viene a dire del 99 per cento del mondo! E invece che cosa s'ammira di piú dal genere umano? La violenza! A furia d'essere picchiata, speriamo che questa nostra specie un giorno o l'altro apra gli occhi; abbia corone per chi la protegge, flagelli per chi la tormenta.
Poiché siamo a Rocca di Papa sul mio mignano, dal quale si domina l'intero Lazio, ove nell'ultima linea dell'orizzonte sorge isolata nel deserto la cupola di San Pietro, mentre le piú alte moli di Roma velate dal vapore si confondono colla pianura, mi pare luogo opportuno per riunire in un fascio molte idee, che mi venivano sin d'allora germogliando nella mente, sull'istoria di quelle regioni.
Ero in quell'età in cui domina il bisogno delle indagini, il bisogno d'orientarsi sempre e su tutto, il bisogno di vedere se il mondo corrisponde alle idee che ve ne diedero gli educatori.
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