Senza far qui ora un corso di storia, non l'abbiam udito noi medesimi per l'ultima volta l'ultimo eco di Roma nel Santo Romano Imperio Germanico? E se tanti imperatori, tanti principi serbarono gelosamente questo titolo Cesareo, e non vi rinunziarono se non per forza, qual altro motivo ebbero se non perché lo consideravano come la piú salda fra le catene che potessero stringere i polsi ai popoli che volevano manomettere?
Ed ultimo frutto di questo antico equivoco, non è forse veder oggi agitata l'Italia dall'idea, che dominò prima gli antichi, poi i barbari, poi gl'imperatori germanici, che Roma è il saldo fondamento della potestà civile? E il creder di tanti che in essa debba ritemprarsi, farsi forte e sapiente, e diventare amato il Governo italiano?
Come lei vede, io non mi perito a professare francamente le opinioni che credo vere. Ma purtroppo, se lo Statuto può dichiarare liberi gli uomini, non può dar loro né l'intelligenza, né quell'altiero sentimento della libertà che rende i caratteri indipendenti.
Prima s'aveva paura dell'Austria e della polizia; ora s'ha paura de' rivoluzionari, e de' loro vecchi della Montagna. S'è mutato di paura, ecco la differenza. Anime che si sentano libere ed indipendenti, ed agiscano e parlino in conseguenza, ne vedo poche. Ecco la frase prediletta de' piú: "Sí, è vero.... ma son cose che non si possono dire!" C'è da fare prima che diventiamo un popolo libero! Ma non disperiamo. Un'oppressione corruttrice di molti secoli non si cancella in tre anni. E risorta l'Italia, risorgerà altresí il carattere italiano.
Tutto quanto vengo dicendo su Roma, sui conquistatori, su gli eroi tribolatori del mondo, non vorrei che lo credesse effetto di spirito di contradizione, desiderio di dire diversamente dagli altri, gloriola di combattere le grandi cose ed i nomi strepitosi.
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