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      - Eh!... quel che Dio vuole e la Madonna.
      Questa risposta edificante non ammetteva replica. Si strinse nelle spalle, mi diede un ultimo sguardo di pietà, e presa con grato animo una mancia in armonia colle mie facoltà (un paio di baiocchi probabilmente) se n'andò con Dio, lasciandomi in mano tutto l'arsenale delle chiavi.
      Quando mi trovai solo, e mi sentii unico possessore (la roba non è del padrone ma di chi se la gode) del castellaccio, e tutto insieme suo castellano e sua guarnigione, mi trovai immerso in un tal pelago d'indipendenza e di libertà, che me la passai per cinque minuti ballando un a solo onde celebrare la mia totale emancipazione. Ma prima di pensare a sé, ogni cavaliere deve pensare al cavallo.
      Il mio stava legato ad una inferriata accanto al portone, sferzandosi colla coda piú che poteva per difendersi dalle mosche.
      Ed ora dove si rimette questa povera bestia? pensavo io. Le antiche stalle del duca eran lontane, quindi incomode per chi cumulava i due impieghi di padrone e di palafreniere. Guardai in qua, in là, sotto il portone, dov'era una Madonna, e non vedevo segno di luogo occupabile. Presi però il mazzo delle chiavi per verificare dove mettesse una porta che scoprii in un angolo oscuro.
      La chiave si trovava nel mazzo, aprii, e da qualche mobile tarlato conobbi che ero entrato nell'antica credenza, nella fabbrica de' dolci, de' pasticcetti, che sotto il mio regno non poteva rifiorire di certo, e che destinai quindi all'uso di stalla.
      Chiesi aiuto, e con un grosso di chiodi, sconficcando le tavole e gli attrezzi che eran colà allo sbaraglio, formai in un angolo un recipiente a uso mangiatoia. Mandai per un papetto fra paglia e quattro fasci di fieno, tanto da averne per un giorno; ciò fatto, introdussi il povero cavallo, lo misi in possesso, e dopo averlo ben governato lo lasciai che mangiava felicemente il suo fieno.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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