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      Il castello, quando mi risentii, pareva abitato a tutti i piani ed in tutte le camere; era un andare e venire generale: sul palco scenico pareva in corso la rappresentazione. Mi sentivo poi sventolare non so che vicino al viso, che passava, ripassava, girava per aria: una pagnottella che avevo portata con me per la mia colezione del domani, la sentii muoversi, cader per terra dal tavolino ove l'avevo deposta, e poi seguitare il suo viaggio sul pavimento. M'alzai a sedere sul letto e tesi l'orecchio, dicendo tra me: - Che diavolo succede! - e pensando che un cervello disposto a vedere ombre ed apparizioni, avrebbe penato poco in quel tramenío a vedersi alle coste tutte le anime degli Sforza, da Giacomo Attendolo a Lodovico il Moro.
      Intanto la pagnottella seguitava la sua corsa di piacere, e confesso che non trovavo cosí su due piedi la spiegazione fisica del fenomeno. Ma, secondo la frase moderna, la luce si fece tosto.
      Doveva essere un sorcio, buon marito e buon padre, che cercava portare il pane alla famiglia; e che solo per necessità si dovette risolvere a roderlo sul luogo. Giunta alla porta del palco scenico, eccoti la pagnotta ferma, quantunque dai piccoli urti che percuote nel legno, si conosca ch'esso fa il possibile per andar oltre. Passa un mezzo minuto in queste prove, e poi sento un cric cric prodotto dalla crosta che si stritola, evidentemente sotto l'azione d'una dentatura in ottimo stato. Ecco spiegato l'arcano.
      Ricaccio il capo sul guanciale dicendo: "Domani ci riparleremo", e riprendo l'interrotto sonno.
      Per finire questo istruttivo episodio, ad esempio di chi si trovasse a studiare sul vero in condizioni analoghe, ecco quali furono le mie nuove disposizioni.
      L'indomani trovai una lastra di sasso, un mezzo scalino, che portai in camera non senza stento.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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