Ma aveva invece trovato dal direttore del lotto un'accoglienza dapprima di risate, e poi di strapazzi e spintoni per metterlo fuor dell'uscio, mentre egli, persuaso lo volessero assassinare, si dava a strepitare, e far pianti e proteste. Alla fine gli convenne persuadersi, e se trovò la via di Marino fu merito della cavalla; ché egli era certo piú di là che di qua. E per bonamano, non solo non potergliela far pagare al sor Checco, ma dover anzi servirlo come prima, e ringraziarlo che volesse dimenticare la voglia mostrata di rinunziare un tanto onorato servizio!
Queste erano le burle del paese, degne, come ognun vede, di figurare fra quelle del Lasca, del Sacchetti e simili. Passiamo ora ad altre burle anche meno divertenti, ed egualmente degne delle cronache del medio evo.
Ho parlato dianzi del sor Fumasoni notaio e poeta. Cominciamo da lui.
Egli era un omaccione grande e grosso, un vero Ercole per forza, salute, potenza digestiva e vigore di polmoni. Non senza istruzione, mezzo letterato e poeta estemporaneo.
È curioso l'osservare come in codesti paesi sia comune la facoltà d'improvvisare. Robaccia! dirà lei. Verissimo; o almeno volgarità e luoghi comuni. Ma pure non so se molti uomini di alto ingegno sarebbero capaci di far quel che molte volte ho veduto eseguito dal sor Fumasoni, senza scomporsi, né impuntare una volta sola. L'ho visto a pranzi di venti o trenta persone in occasioni di feste del paese, del passaggio di qualche monsignore, ecc.: dopo aver mangiato e bevuto come un bue, alzarsi alle frutta, e dirigere una terzina o una quartina in giro ad ogni convitato. Concedo che non saranno stati né concetti né versi sublimi; ma alla fine esprimevano o un complimento o uno scherzo od anche una frustata, secondo la persona cui eran diretti, con senso, colla rima, e spesso con grazia.
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