Quanto al morale, e su questo s'aggirano i gravi sospetti, il tabacco, come ognun sa, è uno stupefacente; sarebbe egli impossibile che il suo abuso rendesse alla lunga gli uomini piú stupidi di quello che lo sarebbero per natura? Se si potesse accertare questo dubbio, forse parecchi fatti politico-sociali d'oggidí troverebbero la loro spiegazione.
Ecco intanto i ragionamenti che Enrico faceva a se stesso per darsi la forza a vincere un'abitudine di tenacità cosí inesplicabile presso i piú. Dopo aver detto che ne provava alterazione alla salute, aggiunge: ".... Est-il de la dignité d'un homme raisonnable de ruiner ainsi sa santé pour un plaisir aussi mince que celui de la pipe?... elle laisse après sol une faiblesse d'estomac qui rend incapable d'un travail tant soit peu prolongé... peu à peu on s'habitue à travailler moins, et à trouver un prétexte à la paresse."
E dopo aver riconosciuto che quest'abuso, irritando il sistema nervoso, gli aumentava la sfiducia nelle proprie forze; lo gettava in un languore che i migliori ragionamenti non valevano a guarire, finisce dirigendo a se stesso quest'intemerata
... ne doit-on pas conclure que je suis un imbécile, et une f... bête, ne trouvant pas la force de vaincre un tel penchant qui, je le sais parfaitement, me fait un mal si grand et si certain?... Fi donc!
In un altro luogo cerca di studiare il sentimento della vanità; vuol vincere quel piccolo amor proprio che desidera sentirsi lodare da ognuno senza distinzione, ed osserva: "que le grand amour-propre qui est celui des gens de vrai mérite se soucie peu de paraître grand aux yeux de la foule... Son âme est tourmentée du désir de se rendre digne des regards d'un petit nombre de personnes jouissant d'une célébrité méritée..." E questo nobile amor proprio, soggiunge, non può ottenere il suo scopo che a forza di costanza.
| |
Enrico
|