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      Ha nelle vene sangue, e non crema alla vaniglia, come altre che non nomino; e quando c'è sangue se ne può cavar del buono.
      Montanari era un bel tipo di questa razza. Bruno, alto, forte di corpo, d'animo ardito ed appassionato. Un giorno capitai a casa sua. Lo trovo con un volume in mano. - Che si legge di bello? - me lo mostra, e vedo il capitolo delle congiure di Machiavelli! Lo lesse, povero giovane, ma poco gli valse, come dirò or ora.
      Mentre me ne vivevo in casa del sor Checco, una sera dopo cena si stava per andare a letto. Ecco un rumore lontano d'un legno e di sonagli che si vien accostando, e che dopo un poco si arresta alla porta di strada. Ne scende una compagnia di giovani mezzi brilli, de' quali due soli conoscevo; ed un di questi era Montanari. Dicono che sono venuti da me a cena; e mi conviene armarmi di pazienza - l'ospite ha de' noiosi privilegi - apparecchiare, e dar loro un piatto di prosciutto e una frittata, e gran boccali, Dio sa con quanta opportunità. Dopo un'ora, grazie a Dio, partirono.
      Era fra essi un tal Targhini, che vedevo per la prima volta; e che un anno dopo, si può dir giorno per giorno, vidi per la seconda in Piazza del Popolo lasciare il capo nel paniere della ghigliottina, su quello di Montanari che già v'era caduto.
      Targhini era figliuolo del cuoco del Papa. Non ho idea che possa esistere una natura piú perversa della sua. Fu il cattivo genio della maggior parte di quei suoi compagni, e li condusse o al patibolo, o alla carceri, o all'esilio. Il povero Montanari fu sua vittima compianta. V'era in lui di che fare un valentuomo; e morí del supplizio degli assassini. Un tal Pontini aveva tradito, o credevano avesse tradito, la setta alla quale tutti appartenevano: condannato a morte, la sorte indicò Montanari come esecutore, ed egli gli piantò a tradimento fra le due scapule un pugnale che gli usciva dal petto.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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