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      - Giocare non mi diverte mi ci angustio; sempre mi gira pel capo la vincita e la perdita. Le facce lunghe de' giocatori mi seccano; se anche vincessi molto, mi farebbe male di vedere il viso stravolto di chi avesse perduto; e se invece restassi io in camicia, ci avrei gusto? E per questo bel diletto ho da passar le nottate a una tavola di monte? Animo! subito! risoluzione immediata e taglio netto! Non si giochi piú! - e non ho mai piú giocato. È vero che non è stato un gran sacrificio, né me ne posso insuperbire.
      Convertirsi è sempre un'opera santa, ma non basta a pagare i conti. Io certamente avevo sempre saldate le mie perdite sul fatto, senza far aspettare nessuno un minuto; ma avevo piccoli debiti d'altro genere, che il mio attivo non poteva piú coprire.
      Fu questa la sola occasione nella quale ricorsi alla bontà di mio padre, che provvide amorevolmente a' miei bisogni, e cosí potei far onore a' miei affari senz'altri pensieri.
      Moralizzare sul vizio del gioco è roba troppo rifritta, e non intendo occuparmi di ciò, tanto piú che sarebbe fiato - dico inchiostro - sprecato. Ma si potrà almeno osservare che in nessun altro caso si fa meglio peccato e penitenza che in questo. Chi ha questa passione risponderà : "Ma io farei piú penitenza a non giocare." Per le prime volte lo concedo, e sarà vero: ma metta in bilancio i piaceri ed i dispiaceri che n'avrà cavati in un decennio; le perdite di denaro, di tempo, di salute, di buon nome che avrà incontrate: e se vuol essere sincero dirà, se in quest'abitudine stia un vero tornaconto. Riconosco che nel numero accade trovare chi alla fine del decennio avrà vinto assai bene: non se la sarà presa affatto vedendo gente alla disperazione per colpa sua; troverà che il suo tempo non poteva esser meglio impiegato; di salute starà come un Cesare, e se il suo solo titolo alla pubblica stima sarà quello un po' anfibio di giocatore fortunato, penserà che questo titolo ne vale un altro: lo so.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Cesare