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      Quando invece la cronaca mi racconta i fatti che ho citati (se anche non sono veri, sono però ritratti dal vero), mi porta in mezzo all'epoca di Carlo Magno, che non mai potrò confondere con un'altra: riesco a farmi un'idea delle origini come delle conseguenze de' fatti storici, perché conosco quali erano coloro che ne profittavano o ne soffrivano: ed imparo cosí a conoscere non soltanto pochi uomini in condizioni eccezionali, bensí la gran massa dell'umanità, e la sua vera storia. Mi si perdoni la digressione, e torno nel seminato.
      Il testo che scrissi narrava le origini della Badía, ed anche le vicende d'un monaco (romanzetto di mia invenzione) con varie notizie e particolari. Fu ricevuto con benigno compatimento. Ma piacque veramente un lungo brano della cronaca che posi in nota, e tradussi col testo a fronte, dal quale ho estratto i fatterelli narrati.
      Il pubblico ebbe buon naso. Si figuri che il mio testo cominciava cosí: "Per lungo volger di secoli resse Italia lo scettro dell'universo...."
      Capisce in che chiave l'avevo presa? Per fortuna il mio naturale è talmente opposto a tutto quello che somiglia all'andar sui trampoli, che me n'accorsi subito, profittai della lezione e non ci son cascato mai piú (almeno cosí mi pare), nelle cose che ho scritte.
      Tutt'insieme, nella ristretta società di Torino, la mia opera ebbe un incontro che non meritava. Il testo, come dico, era d'uno stile poco naturale: pareva quello di certi giornalisti quando vogliono far i signori: e neppur presentava grande interesse per le idee e pe' fatti. Le litografie riuscivano d'un certo effetto a forza di fatica, ma impronta artistica n'avevano poca. Il mio lavoro però ebbe per me un immenso valore: serví a distrarmi, a dare una direzione ai miei pensieri ed alle mie occupazioni.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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