- Dunque raccontiamolo! dissi. E come? - Un poema? che poema! Prosa, prosa, parlare per esser capito per le vie e per le piazze, e non in Elicona! - E qui al calor del dipingere aggiuntosi il calore dello scrivere, mi gettai a furia nel nuovo lavoro: e dove avrei dovuto far ricerche storiche sui tempi, ricerche topografiche artistiche sui luoghi, e, meglio ancora, andarci, vederli, farmeli miei per poterli descrivere, ebbi appena tanta pazienza ch'io leggessi le pagine relative del Guicciardini; e cominciai subito la scena della piazza di Barletta sull'Avemmaria, senza ombra d'idea a che diavolo di pasticcio avessi a riuscire. Che sapevo io di que' paesi? Misurai sulla prima carta d'Italia che mi venne fra mano la distanza da Barletta al Monte Gargano, mi parve che si dovesse poter vedere, ed eccolo subito nella mia descrizione come linea di fondo; poi mi feci una Barletta, una Rocca, un'isola di Sant'Orsola ad uso mio, e via avanti franco come una spada: mettendo al mondo oggi l'uno, domani l'altro de' miei attori, e procreando anzi, come m'avvidi poi, maggior famiglia che non m'occorreva. Poiché, domando io, a che diavolo m'ha servito, verbigrazia, il personaggio di Zoraide? Però il proverbio "per istrada s'aggiusta la soma", non ebbe mai piú completa applicazione che nella fattura di quel mio romanzo, qualunque possa essere il suo valore letterario.
Io non potrò mai dire a parole i piaceri intimi, le felicità interne che provai allora, nel dipingere, nel descrivere quelle scene, que' caratteri, nel vivere tutto di quella vita cavalleresca, dimenticando affatto il presente...: certo fu una dell'epoche piú belle della mia vita. Me la passavo il piú bel tempo da me, colle mie figure fantastiche; la sera andavo a letto presto, e non mi si faceva mai giorno per l'impazienza di ritrovarmi in azione con loro.
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