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      E nonostante tutto questo, io dovetti riconoscere essere oramai opportuno ch'io facessi casa da me; però mi risolsi trasportare i miei penati a Milano. A Milano trovavo i Tedeschi: e questo non era seducente; ma lo era forse molto piú Carlo Felice, felicissimo di tenere il regno da loro? Volendo io attendere agli studi ed all'esercizio dell'arte, a Torino c'era da morir tisico: le arti vi erano tollerate come gli Ebrei in ghetto. A Milano invece era nato un movimento artistico prodotto dalla riunione di varie circostanze, e di molti uomini distinti che v'erano concorsi. Era di moda acquistar quadri moderni. I signori ricchi venivano formando gallerie; i non ricchi si condannavano a strane privazioni talvolta, pur d'avere un quadretto del tale o tal altro artista. È celebre il calzolaio Ronchetti, che ai migliori artisti faceva stivali e scarpe, prendendo in cambio bozzetti, quadri, statuette, modellini, ecc.
      Il far quattrini non era, come non fu mai, il mio scopo principale. Intendevo tuttavia coltivare l'arte, come professione, per altri motivi, vendendo i miei quadri: perché è il miglior modo di classificarsi: e perché è la piú sicura prova che la vostra opera piace: finalmente perché il sentirsi capace di far scaturire dal proprio lavoro di che vivere agiatamente, lusinga l'amor proprio e soddisfa quel bisogno d'indipendenza che è la base del mio carattere. Per questo l'ozio avvilisce ed il lavoro nobilita: perché l'ozio conduce uomini e nazioni alla servitú; mentre il lavoro li rende forti ed indipendenti: questi buoni effetti non sono già i soli. L'abitudine al lavoro modera ogni eccesso, induce il bisogno, il gusto dell'ordine; dall'ordine materiale si risale al morale: quindi può considerarsi il lavoro come uno de' migliori ausiliari dell'educazione.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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