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      Difatti in tutto il tempo che passai a Milano prima del '45, la polizia austriaca non ebbe mai occasione di occuparsi de' fatti miei. Se mai avesse immaginato che io ebbi tanta accortezza da sfuggire alla sua vigilanza, sarebbe caduta in un grave errore. Nel suo senso io fui incolpabile. È vero ch'io venivo ordinando modi per ficcargliela in altre maniere, nelle quali forse non fu nessun guadagno per lei, onde non ho la minima pretensione alla sua gratitudine.
      Questo era lo stato politico del paese. Quanto all'artistico, come già accennai, v'era una vitalità tutta nuova, che durò una diecina d'anni e presentò talvolta i caratteri d'un vero furore. M'ero portato con me tre o quattro quadri; quello della Disfida di Barletta assai grande; l'Interno d'un bosco d'abeti e la Battaglia di Legnano di grandezza minore. A me non parevano cattivi; ma siccome io patisco, già lo dissi, al superlativo grado di diffidenza di me, mi sentivo indosso la tremarella pensando al momento che gli avrei esposti al pubblico nelle sale di Brera. Come accade a chi ha la fantasia elastica, mi pareva, se chiudevo gli occhi, di vedere i miei poveri tre quadri circondati da bei quadroni di paesi vivi e veri, e per poco non ci vedevo gli alberi muoversi al vento e gli uccelletti svolazzare pe' rami.
      Prima di parlar di nulla con nessunodissi fra me "diamo un po' un'occhiata prima di tutto, e vediamo quello che sanno fare". Cosí cominciai ad andare per gli studi, a far conoscenza cogli artisti e co' principali dilettanti, ad entrare in qualche confidenza con loro. Essi naturalmente avranno voluto sapere chi ero, si saranno informati, e cosí bel bello venni ad essere accolto e veduto volentieri. E a poco a poco mi venivano interrogando: - E anche lei disegna o dipinge?


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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