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      Siccome nessuno mi avrebbe offerto uno scudo del mio manoscritto, se volevo pubblicarlo bisognava metter mano alla borsa. Quest'uom dabbene s'incaricò della stampa a patto di rifarsi delle spese sull'introito: e il di piú restasse a me. Ci potevo rimettere, come si dice, l'unguento e le pezze: invece m'andò abbastanza bene; e ricavai 5000 franchi d'utile dall'Ettore Fieramosca. Non per vantarmi, ma se potessi riscuotere l'uno per cento di quello che in appresso ne ricavarono altri, potrei tener carrozza: la quale Salomone, dicendo che tutto al mondo è vanità, eccettuava sola dall'anatema, essendo anche lui, probabilmente quando lo diceva, vecchio come sono io.
      Il giorno che portai in San Pietro all'Orto il rotolo del manoscritto, e che, come dice il Berni:
     
      ................ritrovatoUn che di stampar opere lavora,
      Dissi: Stampami questa alla malora
     
      fu una nuova tremarella peggio delle passate. Ma venne poi la maggiore di quante ne ho avute in vita mia, e fu il giorno della pubblicazione: quando uscendo la mattina vidi il mio riverito nome a gran letteroni su per le cantonate! Mi pareva di vederci tramezzo le lucciole. Qui davvero alea jacta erat, e la mia flotta in cenere.
      Questa gran paura del pubblico si può, volendo, interpretarla per modestia; ma io credo che in fondo sia vanità bell'e buona. Naturalmente parlo delle persone d'un ingegno e d'un buon senso discreto. Presso i balordi, la vanità invece prende la forma d'una fiducia impertinente. Quindi le tante scioccherie che si pubblicano, e che darebbero una curiosa idea di noi in Europa, se, per fortuna nostra, essa non ignorasse l'italiano. Per noi poi negli affari di casa, i due eccessi sono dannosi quasi egualmente. Nel parlamento, per esempio, i primi, quelli della vanità timida, potrebbero dire con vantaggio di tutti il loro parere un po' piú sovente; e se al tempo stesso gli altri della vanità impertinente non avessero sempre la voce per aria, le discussioni sarebbero piú sugose, durerebbero meno, e gli affari si sbrigherebbero piú presto e meglio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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