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      La stessa riflessione potrebbe estendersi ad altri rami; al ramo giornalistico, letterario, sociale. ecc. ecc. Poiché la vanità, pur troppo, è la gramigna che isterilisce il nostro campo politico; e poiché è pianta a foglia persistente, che fra noi fiorisce tutto l'anno, non è male metterci in avvertenza.
      La vanità timida lavorava terribilmente in me il giorno che pubblicai il Fieramosca. Per le prime ventiquattr'ore non c'era da poter saper nulla: anche ai piú zelanti, per prendere idea d'un libro, un giorno pure ci vuole. L'indomani, alla prima uscita, m'imbattei in un mio amico giovane allora, oggi uomo maturo, che non ha mai sospettato qual colpo fatale mi desse senza volerlo. L'incontrai in piazza San Fedele, dove abitavo, e dopo i saluti, mi dice: - Sicché? hai pubblicato un romanzo?.... Bene, bene; - e via indifferente a parlar di tutt'altro. Io, che a cavarmi sangue non me ne sarebbe uscita una goccia, dissi fra me: "Misericordia, aiuto! son servito! nemmeno se ne parla del povero Fieramosca!" Mi pareva impossibile che colui, membro d'una famiglia numerosissima, mescolata con tutta la società ricca e signorile della città, non ne avesse sentito parola, se qualcuno l'avesse pur detta.
      Essendo poi ottimo giovane ed amico, mi sembrava egualmente impossibile, che detta e udita la parola, non me la ripetesse. Dunque era fiasco; il peggiore de' fiaschi, quello del silenzio! Restai colla bocca amara, e non so dove me n'andassi; ma presto la bocca cambiò sapore, e mi si fece buona.
      Il Fieramosca riuscí, e riuscí tanto, che ne rimasi, come dicono i Francesi, abasourdi. Potevo dire davvero: - Je n'aurais jamais cru être si fort savant. - L'incontro andò sempre crescendo; dai giornali, dalla parte maschile della società passò alla parte femminile: si dilatò per gli studi, e dietro le quinte: fui il vade mecum delle prime donne, dei tenori, l'ascosa gioia delle educande, presi domicilio fra il materazzo ed il saccone dei collegiali, degli accademisti militari; ed ebbi un'apoteosi che arrivò al punto di fare scrivere in alcuni giornali essere farina di Manzoni.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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