E poi, aggiungerò ancora: chi può dire che ciò che commuove durevolmente sia fuor delle regole? Sarà fuori d'alcune, e d'accordo con altre; e le regole che muovono i cuori e seducono gl'intelletti, non mi sembrano le peggiori.
Io ho sempre trovato interessante ed istruttivo l'analizzare l'incontro, la riuscita, ed i suoi perché. Agire sugli uomini per guidarli al bene è lo scopo piú alto di tutti, che non quello d'essere il primo scrittore o poeta del mondo. Il migliore degli studi è dunque scoprire quali sono gli agenti che piú commuovono e piú persuadono; e questa scoperta si fa talvolta osservando i tipi piú triviali. Io ho sentito soventi volte rozzi contadini raccontare una loro disgrazia, qualche povera madre dire della scioperatezza d'un figlio ovvero della sua pietà, e penetrarmi nelle viscere come uno strale. Persino per le piazze dai ciarlatani c'è da imparare. Non è da tutti saper mantenersi attenta una udienza di cento o duecento persone per parecchie ore. Se non se ne vanno ci ha da essere il perché, e questo perché interessa scoprirlo. Non insisterò su queste riflessioni, e lascio alla curiosità del lettore lo svolgerle; dirò solo che nella società letteraria di Milano s'agitava appunto la questione, se il romanzo storico fosse una forma letteraria accettabile.
Io avevo dato alla luce il Fieramosca, e pochi anni prima Manzoni aveva pubblicato i suoi Promessi Sposi, uno dei piú bei libri che abbia prodotti la mente umana; mentre intanto Tommaso Grossi stava scrivendo il Marco Visconti. La questione era dunque flagrante; e Manzoni inclinava a risolverla contro noi e contro se stesso, con ragionamenti ai quali in linea di buon senso e di gusto era difficile rispondere.
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