Ma io penso ad elettrizzare i caratteri, dicevo io, e se ci riesco col romanzo storico, che m'importa se non va colle regole? Questa ragione nessuno l'intendeva e l'accettava piú di Manzoni.
In conclusione il Fieramosca a qualche cosa in allora poté servire, e questo basta.
Non voglio ommettere alcuni fatti relativi al suo passaggio alla censura, abbastanza curiosi per coloro che non hanno mai avuto a spellicciarsi con quel bizzarro animale. Il problema da risolversi era questo. Data la censura austriaca, pubblicare un libro destinato ad eccitar gl'Italiani a dar addosso agli stranieri. Le par poco?
Era censore un buon cristiano senza malizia, ottima persona, grassa, pesante, quindi un po' scappafatica - vero tesoro in un censore, - e si chiamava l'abate Bellisomi. Io mi ci misi intorno con pazienza, studiandolo, cercando scoprirne i gusti, le antipatie, le abitudini: mi feci amico della serva, m'informavo da lei, volevo sapere se aveva dormito, pranzato, digerito bene, se era allegro o tristo, ecc. ecc. Tutto per scegliere il buon momento di venire a discutere i passi controversi; spiegarli, addolcirli senza mutarli, e via via; adoperando tutte le virtú teologali e cardinali per non uscir dal seminato, impazientirmi e rovinar tutto. Come a Dio piacque, portai via l'Imprimatur fino all'ultima pagina, e nell'uscire di casa sua dissi: "A te ora a cavartela con Vienna!" Vienna difatti capí e la prese maladettamente sul serio. Il povero Bellisomi ebbe una strapazzata co' fiocchi, e non solo dal partito governativo, ma dal bigotto altrettanto, in causa della lettera d'Alessandro VI al Valentino. Ma rispondeva egli in sua difesa: - Si tratta di un documento storico, e come volete proibirlo?
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