Piccolo, magro, umile, pallido e cortese, può servir di mostra di ciò che sono divenuti i Toscani sotto la cura medicea. Francesco serviva di mostra di quel ch'eran prima.
(*) Il padre di Gustavo era facchino nella bottega del Piatti: ma sentiva altamente dell'onore d'esser nato di quel sangue. Radunò con ispese (per lui gravissime) i documenti, che mettevano in chiaro la sua discendenza da uno zio di Francesco, che illustravano le gesta di questo; e mentre visse, non ebbe altro pensiero che mutare l'umile sua sorte: non vi riuscí mai: s'era perfino fatto fare dei biglietti di visita che lasciava alle prime famiglie fiorentine, senza ottener ricambio da veruna. S'era preparato per presentarsi ad una festa da ballo a Corte, colla sua carta alla mano: e vi sarebbe andato, ma la festa non si fece!
(*) Alcuni suoi agnati (d'Ascoli? non so bene) gli domandarono i documenti, e furono con lui in corrispondenza cortese finché li ebbero ottenuti. Dopo.... non risposero piú alle sue lettere. Un giorno il povero facchino legge in un giornale che costoro avevano ottenuto dal Granduca d'essere ascritti alla nobiltà fiorentina e non so che altra pappolata.
(*) Il poveretto credette a ciò che lesse: dapprima cascò come morto: poi morí davvero.
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(*) Ma di citazioni di me stesso per quanto inedite siano, lei ne ha abbastanza, ed io pure. Ho fretta di ritornare a Milano, ove m'attendono molte commissioni di quadri; ed ove sto per finire il Niccolò de' Lapi, intorno al quale mi pare già di aver ruminato e studiato in modo da esser ormai tempo di eseguirlo.
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