Insomma qualche scusa, o bella o mediocre, almeno si trova sempre. Quanto a questo, creda il lettore, che chi scrive ne sa qualche cosa.
(*) Ma quando il quadro invece d'esser stato dipinto, è stato scritto e poi stampato, allora non c'è vernice, non c'è lume che tenga. Ed io credo d'essere stato abbastanza avveduto nel far molti (forse troppi!) quadri, e nell'avere scritto solo due romanzi storici.
(*) La fin di marzo fu dunque per me agitata. Si trattava di sapere quale doveva essere il mio revisore o censore politico, il buon Bellisomi non essendoci piú. Seppi essere un sacerdote molto colto, letterato anch'esso, ma serio e classico, il signor Mauro Colonnetti.
(*) Andai a presentargli il mio manoscritto, in persona. Mi accolse con civiltà fredda, ma non dura: mi disse conoscere molto il mio nome, aver letto con piacere (?) il Fieramosca: ed esser ora molto fortunato di cogliere le primizie della mia opera. Tutto questo fu detto senza affettazione, senza calore, senza che la voce subisse la minima alterazione, sopra una nota sola. Lo ringraziai con qualche effusione, alla quale egli rispose onestamente, ma colla nota inalterabile. Temetti che il fermarmi piú a lungo fosse interpretato stortamente, e presi commiato.
(*) Nel tempo che corse fra la presentazione del manoscritto e l'operazione che doveva subire, ebbi tempo di condurre a buon fine le pratiche coi miei editori, co' quali del resto ero già da un pezzo in parola. Stavan essi, e stavo piú io di loro, in grande angustia intorno a' probabili tagli che la Censura avrebbe fatti nel manoscritto. Dieci volte volli andar a chiedere novelle dell'affar mio al signor Colonnetti: ma sempre mi vietai un atto che se in se stesso era naturale ed innocente, tuttavia poteva offrir materia ad interpretazioni.
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