Contuttociò era chiaro che non avrei potuto esercitare qualche buona influenza, se non riuscendo a far entrare ne' cervelli queste verità. Mi ci misi dunque di proposito, cominciando dal mio compagno di viaggio, e servendomi piú di tutto di paragoni a portata d'ognuno. Ho sempre osservato che non c'è niente che persuada il comune de' cervelli, piú che un paragone ben scelto.
Dicevo dunque al mio candido amico: - Parliamoci chiaro: che cosa volete voi altri - ed io con voi? - Volete metter fuori d'Italia i Tedeschi, e fuor dell'uscio il Governo de' preti? A pregarli che se ne vadano, è probabile che vi diranno di no. Bisognerà dunque sforzarveli; e per sforzare ci vuol forza, e voi la forza dove l'avete? - Se non l'avete voi, bisogna trovare chi l'abbia. E in Italia chi l'ha - o per dir meglio - chi ne ha un poco? Il Piemonte: perché almeno ha una vita sua indipendente; ha denari in riserva (allora li aveva), ha esercito, ecc."
A questa parola "il Piemonte", il mio interlocutore faceva la smorfia e soggiungeva con ironia:
Carlo Alberto! In lui volete che speriamo?
Ed io mi stringevo nelle spalle e rispondevo:
- Se non volete sperare, non sperate; ma bisognerà rassegnarvi a non sperare in nessuno, allora.
- Ma il '21? Ma il '32?
- Il '21, il '32 non piacciono a me piú che a voi - quantunque anche su questi fatti ci sarebbe da dire, - ma ammetto quel peggio che voi vorrete; ripeto però, che o in lui v'è da sperare, o in nessuno. Del resto, consideriamo la cosa a mente fredda, e ragioniamo. Se da noi si domandasse a Carlo Alberto l'impegno di far cosa contraria ai suoi interessi, per puro eroismo, per giovare all'Italia, a voi, a noi tutti, potreste dirmi: "Come vi volete fidare del traditore del '21? del fucilatore del '32?" e forse avreste ragione.
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