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      Per strada venni facendo la rassegna de' miei pensieri, determinando meglio i miei piani, e fissandomi sui modi che materialmente dovevo tenere nella mia peregrinazione, onde non compromettere né me né altri.
      E qui dirò come feci poi dappertutto con ottima riuscita.
      Mia prima precauzione, partendo da Roma, era stata di non aver con me servitore. Ero certo cosí di non aver una spia.
      Portavo un po' di bagaglio pittorico, con che potevo fermarmi dovunque volessi senza dar sospetti.
      In ogni paese giungevo con un solo nome, datomi nel paese antecedente, ed era il nome del rappresentante la trafila in quel paese. Arrivato e smontato all'albergo, non domandavo mai di nessuno. Uscivo, e secondo le circostanze e le persone che incontravo, mi regolavo nell'interrogare a norma delle fisionomie, e finivo col rintracciare l'abitazione di chi cercavo.
      A Fuligno giunsi col nome datomi a Terni. Lo trovai presto. Dopo un giorno di dimora, dovendomi dirigere per la Marca, ma dovendo altresí veder Perugia, vi feci una gita. Vi trovai Cavalieri, l'esimio professore, mio vecchio amico, e mi stetti con lui la sera con grandissima festa. Con Cavalieri non feci parola di nulla di politica. Egli era impiegato del governo, né mai credo si sia impacciato d'altro che di scienze e d'arte: ed a me, cui giammai piacquero i traditori né diretti né indiretti, non poteva venir in capo d'intrometterlo in simili faccende, neppur per semplice conversazione.
      L'indomani ripartii per Fuligno, e preso commiato dagli amici, nella notte mi mossi per Colfiorito e la Marca.
      Ma il fido Antonio m'aveva chiesto di poter dar un posto del legno; ed io avevo acconsentito, e perciò non ero piú solo.
      Salito in legno - poteva essere il tocco dopo mezzanotte, - e prese le disposizioni per star a mio modo, non potei discernere chi fosse il mio compagno.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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