Io, che tutt'altro m'aspettavo, rimasi un momento senza trovar una parola da dire, e quasi credei d'aver capito male. Mi rimisi però subito; ma forse non sfuggí al Re l'impressione di meraviglia che avevo provato.
Il progetto che cosí risolutamente mi aveva manifestato, e soprattutto la frase faccia sapere a que' Signori, m'avevano talmente messo sottosopra che ancora non mi pareva vero. E intanto tutta l'importanza era per me d'intendersi bene; che anche allora, come sempre, pensavo che bisognava giocare carte in tavola: e che gli equivoci, e peggio le sorprese, non fanno altro che danni.
Ringraziandolo dunque, e mostrandomi (e lo ero davvero) commosso e incantato della sua franchezza, ebbi cura di innestare nel mio discorso la sua medesima frase, dicendo: Farò dunque sapere a quei Signori.... M'accennò col capo di sí, per confermare che lo avevo ben inteso, e poi mi licenziò: ed alzatici in piedi tutti e due, mi pose le mani sulle spalle ed accostò la sua guancia alla mia, prima l'una e poi l'altra.
Quest'abbraccio aveva però in sé qualche cosa di studiato, di freddo, direi di funebre, che mi gelò; e la voce interna, quel terribile "non ti fidare" mi risorse dal cuore: tremenda condanna degli astuti di professione, esser sospetti anche dicendo il vero.
E l'aveva detto, povero signore! il fatto lo ha dimostrato.
Ora chi avesse detto a me, mentre sedevamo in quel vano di finestra su que' due sgabelli dorati e coperti di seta verde e bianca a fiorami, che a rivederli ogni volta mi dànno un brivido, che offerendo egli per mio mezzo agl'Italiani armi, tesori e vita, io ero ingiusto non restandone intimamente e subito persuaso! Chi m'avesse detto che quella grande occasione cosí lontana d'ogni previsione nel '45, e che ambedue dovevamo disperare di vedere mai, era da Dio stabilita per tre anni dipoi?
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Farò Italiani Dio
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