Si può forse distinguere nel mazzo di tralci secchi che il coltivatore pone in terra quale metterà radici e frondi, quale rimarrà secco e morto per sempre? Ed infine qual inesauribile vitalità non dev'essere in quel popolo?
I discorsi nostri si raggiravano per lo piú sul bisogno di preparare gli animi ed i caratteri in Italia, prima di por mano ai fatti (e qui è la chiave di tutto, e finché non si opererà in questo senso si farà poco frutto): sulla forza, sull'influenza che potesse avere a tale scopo questa tal cospirazione pubblica; e la storia ci somministrava esempi degli ottimi effetti ottenuti mediante aperte e perseveranti proteste de' deboli contro i forti. Però dopo averne molto parlato, fu risoluto di mettersi all'opera.
Prima di tutto bisognava scrivere un libro.
Lo scopo del libro era bell'e trovato; ma rimaneva da trovare l'argomento, e direi quasi l'occasione o il pretesto. Mi venne in mente di scrivere sull'ultimo moto di Rimini; e mettendomi fra i due campi, spiattellare ad ambedue le loro verità senza nessuna reticenza. Balbo approvò l'idea, e mi misi all'opera.
Siccome però questo mio atto era una mutazione assoluta nella strategia del partito liberale, non volli farlo senza non dirò chiedere licenza, ma almeno darne avviso a quegli amici, coi quali mi trovavo aver fatto compagnia da mezz'anno in qua. Ne scrissi a quello col quale corrispondevo.
Dopo qualche giorno mi venne un grido di disapprovazione generale. Che sarei stato cacciato, esiliato; che mi tagliavo le gambe da me; che sarei diventato inutile, impotente a far piú nulla, ecc.
A me invece mi pareva che ora appunto mi trovavo inutile, impotente e senza gambe: mentre invece se v'era modo di spendermi con qualche speranza di bene, era appunto quello il solo.
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