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      Fu questi un cavaliere coperto d'armi dorate, e con un pavone per cimiero, fatto con sí mirabile artifizio, che pareva spiegasse le piume ad ogni muovere del cavallo: l'arnese, la sopravvesta splendeva di gemme, e pareva uom di gran conto.
      Si mossero come folgori i due cavalieri, ed allo scontrarsi s'udí solo uno scroscio d'armi percosse; che un nuvol di polvere alzata dallo scalpitar de' cavalli toglieva ogni altra vista. Il colpo d'Arnaldo piegò sulla groppa il cavaliere dall'armi d'oro, che accennò di cadere, ma pur si resse. La lancia di questo si ruppe alla visiera del suo nemico, che non s'arretrò d'un dito, ma la banderuola cadendo coll'infranto troncone sfrondò la rosa: le sue tenere foglie vennero a terra fra la polvere e le zampe de' cavalli. Corse un gelo a tal vista per l'ossa all'infelice Arnaldo, che pensò un segno vedervi di futuri danni. Chinò a terra la fronte un istante preso dal sinistro pensiero; poi, come l'uom che si coglie in immaginar cosa che vana sia, e di cui quasi vergogni, alzò scuotendo il capo, e senza volerlo fissò appunto lo sguardo nel luogo ove sedea la contessa: a lei vicina, fra le prime e piú onorate dame, nella piú splendida e ricca foggia vestita stava Isoletta, pallida, collo sguardo in sé racchiuso, e piú somigliando a statua che a persona viva. Quanti dubbi, quanti timori risvegliasse tal vista nel cuore d'Arnaldo, è facile immaginarlo. Senza piú badare alla giostra, trattosi da parte domandò con tremante voce ad uno de' donzelli, che la cura avean dello steccato, chi fosse colei, ed accennava Isoletta. Vistosi il valletto domandato da un cavaliere di tanta importanza, credette obbligo ed onor suo tutta narrare la storia dolorosa.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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