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      Conobbe questi il portento, e s'avviò col suo seguito al Santuario. Giunto, vide sovr'esso una gran trave di fuoco, e gli Angioli in forma umana rivestiti degli abiti pontificali attorniare il tempio, mentre una colomba discesa dall'alto con spessi giri volava all'intorno. Sparí la visione al suo entrare nella Chiesa, e trovò però accesi i lumi, le mura colle croci unte d'olio, il pavimento asperso di cenere, l'altare, eretto dagli Angeli, grondante balsami di mirabil fragranza, freschi segni della seguita consacrazione, alla quale non ebbe il vescovo ardire di aggiungerne un'altra.
      Per lungo tempo gli abati di San Michele ebber concetto di santi. Narrano antiche tradizioni, che alla morte d'ognuno di loro adunavansi monaci in chiesa, onde cantar la solenne messa d'esequie, e da colui, che l'uffizio aveva di preparar l'altare, era posto il messale aperto alla messa, che si dice comunemente pei morti. Ma quando giungeva il sacerdote per celebrare, trovava da mano invisibile voltati fogli a quella dei Santi, per cui si veniva a conoscere, essere il defunto abate già canonizzato in Cielo.
      Credo non sarà inutile, terminando questo breve ragguaglio, dare un cenno sulla strada migliore e piú bella a chi fosse curioso visitare i luoghi, che forse troppo imperfettamente ho tentato ritrarre.
      La piú breve, partendo da Torino, è quella di Sant'Ambrogio, di qui in un'ora e mezza si giunge co' muli comodamente alla Badia. La strada della Chiusa, di poco piú lunga, è piú pittoresca, e meno agevole nel tempo stesso. Da quella poi, che gira pel borgo di Giaveno, vengono comodamente i cavalli, ed è la piú lunga di tutte. Era l'antica principale strada del Monastero.
     
     
      Racconto
     
      (1840)
     
     
     
      A molti uomini venne accordato dal mondo il titolo d'eroi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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