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      Un tal sire Obizone di Pavia, ch'era anch'esso invitato a quella caccia, mostrò non aversene a far quel gran caso che diceva il padrone, e cominciarono a pungersi a parole, e noi, che stavam cenando in fondo alla caminata, alla tavola della masnata, udivam tutto. E infine sire Obizone disse che presto Pavia avrebbe molto maggior reliquia, e che un mercatante di costoro che fanno ogni due anni il viaggio per Vinegia e terra di Saraceni gli avea promesso portargliela dal Santo Sepolcro, ed era la testa e 'l braccio del buon ladrone. E 'l padrone diceva che i Re Magi, per esser stati re in terra di Turchi e pel miracolo della stella, eran altra maggior cosa che non un ladrone di strada. E sire Obizone rispondeva che quelli eran stati solo un momento con Gesú quand'era bambino e adoratolo come i pastori e tant'altri; che, invece nostro Signore stesso avea fatto santo il ladrone sulla croce, volutolo compagno alla sua morte e condottolo seco in paradiso: e se egli, che era Iddio, l'avea tenuto assai nobil barone per condurlo seco, potevam ben noi essere contenti di averlo per santo degno ed onorato, quanto e piú de' Re Magi. E le parole furon grandi e voltavano al male, se non che il castellano si mise di mezzo, e non si parlò piú di reliquie per quella sera, e l'indomani si cavalcò a Milano. Dopo quel giorno non ha piú pace il padrone, sinché non trova modo di tôrre a' Pavesi quella santa reliquia, o far loro qualche vergogna per vendicarsi de' dispregi che disse sire Obizone de' nostri Re Magi. So che n'ha fatto motto a' Consoli, e se n'è parlato nel Consiglio di Credenza. Son riusciti a sapere il nome del mercatante e che i signori di Pavia avean fatta fare un'arca piccola di legno coperta d'argento, e datala a costui sotto pegno di dieci lire imperiali, onde vi riponga le ossa del santo, con promessa di gran premio quando torni con esse.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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