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      Se la distribuzione interna di questo edifizio poteva esser piú comoda, non poteva almeno immaginarsi piú semplice, essendo tutto un solo stanzone che serviva di cucina all'un de' lati, di sala da mensa in mezzo, e di dormitorio al lato opposto. Lungo le pareti, od appiccicati ad esse, erano vanghe, zappe e altri attrezzi d'agricoltura, archi, spade, arme in asta e di difesa; e questo miscuglio era la vera immagine dell'indole di quel secolo e del viver d'allora. Il camino, e per le sue dimensioni e pel fuoco che vi ardeva, mostrava che i nostri antichi non conoscean la miseria della legna, che conosciam noi molto bene, e quando frate Brisiano si fu collocato al suo posto d'onore, in un rozzo seggiolone di quercia all'un de' lati, ed Ardengo, al quale il monaco volle usar cortesia, in un altro dirimpetto, ove ambedue, tenendosi i panni aperti davanti, s'asciugavan l'umido della nebbia notturna, rimase ancora bastante spazio per una dozzina di lavoratori, contadini, e schiavi massari, che, facendo chiacchiere al fuoco, aspettavan la cena.
      Questa si veniva preparando e cuoceva in una gran caldaia, ove bollivan farina di segala e legumi, conditi con pezzi di lardo. Il granturco, e per conseguenza la polenta, ed il pan giald(50) che impedisce i nostri contadini di morir di fame e fa loro scontare il benefizio colla pellagra,(51) non erano cose ancora introdotte tra noi. L'imbandigione poi della mensa non richiedeva grande apparecchio: di tovaglie non se ne parla, di piatti nemmeno; di cucchiai forchette ecc. nemmen per sogno, che, non dico gli schiavi e i contadini, ma neppur i signori le usavano in quel tempo, se non pochissimi; ed in prova San Pier Damiano, in una sua lettera, deplora il lusso e la mollezza d'una nobil donna greca maritata a Venezia, ove avea portato seco una forchetta e la moda di servirsene in vece delle dita.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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