Mentre la madre e la zia d'Azzone attendevano a disporre la casa pel nobile ospite che v'aspettavano, Aldina, sapendo non aver voce in cotali faccende, e forse perciò appunto un po' indispettita, era uscita in cortile piantato d'alberi fruttiferi e che anche serviva per la casa ad uso d'ortaglie. Aveva seco un suo fanciullino di tre anni, chiamato Eriperto; e, mentre passeggiava tenendolo per la mano, veniva seco dall'altro lato un uomo oltre i quarantanni, d'alta e nobil presenza, vestito dell'abito de' cavalieri templari.
Vi sono fisonomie sulle quali sta scritto, per cosí dire, il compendio d'una lunga istoria di patimenti: se poi vi si scorga insieme l'espressione della bontà, nasce l'idea che que' dolori fossero immeritati, e quest'idea lega alla prima il cuore e lo dispone all'affetto. Tale appunto era l'impressione provata da chi per la prima volta vedeva frate Lantelmo da Trapani. Avea la fronte alta e calva, ed a' capelli neri che gli guarnivano le tempie eran già frammischiati molti canuti. Il suo occhio stanco e velato abitualmente, al minimo soffio di qualsiasi passione s'accendeva e mandava faville; affilato e pallido in volto, serbava ancora le tracce di una maschia bellezza; né l'afflitta espressione de' suoi lineamenti avea nulla di debole o di prostrato: mostrava invece un'anima che avea sofferte tutte le torture e di tutte era stato piú forte.
Andando passo passo, intenti esso ed Aldina a certe gentili baie del fanciullo, vennero sotto un melo che aveva carichi i rami di frutti maturi e porporini, ed Eriperto ad alzar le braccia, saltellando, per raggiungervi. Levato in aria da frate Lantelmo, colse una bella mela e, grato del prestato aiuto, diede un bacio al cavaliere, che se lo strinse al petto, forse con piú passione che non volevano quelle tenere membra.
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