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      La casa degli Osii era però quella ove piú spesso si riparava.
      Nessuno tra' cavalieri cristiani era maggior maestro di lancia e spada di lui. A Guilfredo aveva egli poste l'armi in mano, ed Azzone s'era avvantaggiato di molto alla sua scuola; e pel profitto che ne traevano, come per gli altri suoi pregi, facevano ogni opera in città od in villa, al loro castello d'Osio sulla via di Lecco, d'averlo piú che potevan con loro.
      Sedeva questo castello su un poggetto isolato alle falde del colle detto oggi la Montavecchia: e la natura e l'arte l'avean reso fortissimo, tantoché i suoi padroni, fosse pace o guerra nella contrada, andavano quasi sempre ne' caldi, e colla loro masnada vi stavano sicurissimi.
      Piú volte v'era venuto frate Lantelmo e, passando la giornata ad ammaestrare i giovani nel maneggiar cavalli, nella caccia e nell'armi, la sera, alla veglia, intratteneva la famiglia de' suoi casi, delle guerre di oltremare, ovvero discorreva della araba civiltà, del loro sapere nelle scienze e nell'arti, e talvolta, parendogli villania il rifiutarlo s'era indotto a dire qualche sua ballata e cantarla sull'arcileuto; che in quel secolo, e per molto tempo in appresso, la poesia, l'amore, suo solo tema, la religione, la penitenza s'univano spesso in un miscuglio che a noi pare strano. Ma bisogna pensare che in oggi domina la mente e l'intelligenza: allora dominava la passione ed il cuore.
      In cosí variate occupazioni, una sola cosa in lui non variava mai: l'espressione melanconica del suo volto, sul quale persino l'allegria e il riso, se qualche rara volta vi comparivano, erano mesti; e questa mestizia, tanto piú notabile pel contrasto di veder un corpo vigoroso abitato da un'anima cosí stanca, invece di diminuire col tempo, pareva si facesse di giorno in giorno piú intensa.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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