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      Al povero colpevole questa voce pareva proprio la tromba dell'angelo nel dí finale e, nonché si movesse per ubbidire, sempre piú si rincantucciava, per dar tempo d'intromettersi alla sua pietosa padrona.
      Al grido d'Azzone eran corsi tutti i chiamati, salvo lui, e già avean fatto sicuro il padrone del ritorno d'Ardengo.
      - Vada nella caminata e m'aspetti - avea risposto. E, mentre stava per avviarvisi anch'esso co' suoi amici, usciva dall'orto con Frate Lantelmo Aldina, che, fattasi presso al marito e postagli una mano sul braccio col suo solito modo festevole ed amoroso, gli diceva avergli prima a far motto un momento.
      - È cosa che prema? - domandava Azzone con qualche impazienza.
      - Sí - rispondeva timida la giovane; e, temendo in presenza d'estranei non s'avesse a palesar meno temperatamente l'irascibilità del marito, gli stringeva il braccio e pianamente l'allontanava dalla brigata, dicendo al Templario, quasi scherzando:
      - Venite, che avrò forse bisogno del vostro aiuto.
      Quando si vide distante abbastanza per non essere udita, cominciò colla sua dolce voce e certi moti del capo che le davano grazia infinita:
      - Tu hai da far piacere ad Aldina tua, Azzone. Ma m'hai a promettere prima che non me lo negherai.
      Era cotanto cara e gentile in quel momento, colle mani intrecciate sul braccio del marito e tenendosegli stretta colla persona, che il volto dell'altero barone ne ricevette, per dir cosí, un riflesso di dolcezza. Ma, al tempo stesso, Aldina indovinò il cuor del Templario; n'ebbe pietà e, ritratte a sé le mani, ripeteva la sua preghiera.
      - Parla. - Rispose Azzone con un'espressione di bontà che di rado mostrava; ed Aldina:
      - V'è in casa un colpevole che mi s'è raccomandato. Ma è il primo fallo; né mai, ch'io sappia, hai avuto sin ora a dolerti di lui.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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