- Me ne duole, Ardengo, ma ti conviene scendere nell'inferno. Cosí ha detto il padrone.
(Gli uomini di casa aveano dato il nome di purgatorio alla prigione superiore e d'inferno alla piú bassa).
Ortello, specie di stupido, adoprato ai servigi piú vili, era piccolo e goffo della persona e mostrava appena viso d'uomo: il suo parlare era simile a grugnito piú che a voce umana ed aveva moti, voglie ed istinti di bestia. Rise alle parole del falconiere d'un riso tra il goffo ed il feroce, ripetendo, mentre per le spalle spingeva il vecchio a discendere:
- Giú nell'inferno, Ardengo, giú, giú! - Ed il poveretto cogli occhi umidi e tentando all'indietro col piede per trovare le traverse della scala, si venne calando sino al fondo, mentre Malgirone gli veniva dicendo:
- Attento, attento, non avessi a cadere. - Dopo di lui, scesero gli altri due e si trovarono in uno spazio circolare di una quindicina di passi di diametro, su un pavimento di larghe lastre, e nell'ambiente umido e greve dei sotterranei. In un angolo erano i ceppi, presso un graticcio di canne, che serviva di letto; e s'udiva, in un lato, assai distinto, attraverso la grossezza de' fondamenti, il gorgoglío d'un'acqua corrente, che trasudando dai muri, stillava sul suolo e vi faceva in quella parte un piastriccio di mota.
- Me ne duole - seguitava a ripetere il falconiere ed intanto aiutato da Ortello, faceva sdraiare Ardengo sul graticcio e gli chiudeva le gambe ne' ceppi.
- Cosí ho ordine di fare. Che vuoi? mi tocca obbedire... E' m'avrebbe anche ordinato altro... che non lo vidi mai tanto adirato contro nessuno... la devi aver fatta grossa... Ma non mi regge il cuore; mi prendo io l'arbitrio; che, forse, quando gli sia passata la collera, penserà altrimenti.
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Ardengo Ardengo Malgirone Ortello Ardengo
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