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      Uno de' privilegi delle città era di non esser costrette a ricevere tra le loro mura l'imperatore ed il suo esercito, e n'erano gelosissime. - Quanto sono mutati i tempi! - Nella detta pianura, luogo assai comodo e centrale, veniva dunque a porsi per tener ragione e definire tutte le questioni, ed erano obbligati a concorrervi i baroni ed i consigli delle città, a pena di perdere i loro feudi od i loro diritti. Nella piazza, in mezzo al campo, era il padiglione imperiale e, davanti, piantato un alto stilo col suo stendardo, al quale per turno doveano star di guardia la notte, vegliando, tutti i baroni, dai maggiori sino al minimo dei valvassori.
      La presenza di Federigo in Italia, francando le città minori dal timore che loro incuteva Milano, si levò contr'esso un grido universale per chieder vendetta delle sue prepotenze, e piú di tutti i Comaschi ed i Lodigiani, quantunque fossero presenti Gherardo Nigro ed Oberto Dell'Orto, consoli di Milano. Si lagnavano de' danni sofferti e facevano istanza onde venisse loro restituita la libertà.
      O non volesse Federigo scoprire per allora i suoi disegni, o qualunque ne fosse la cagione, ebbero i Milanesi assai migliori patti che non doveano aspettarsi dall'offeso imperatore e furono accolti in grazia col solito giuramento di fedeltà, col patto di restituire i Pavesi prigioni nell'ultima guerra e pagare quattro mila marche d'argento. Il marchese Guglielmo di Monferrato, uno de' pochi baroni cui fosse riuscito mantenersi indipendente dal dominio della città(86), intervenne a questa dieta, accusando all'imperatore le città del Cairo (forse di Chieri) e d'Asti, e quest'ultima veniva al tempo stesso gravata di molte colpe dal proprio vescovo: probabilmente queste querele furono cagione che il turbine tedesco che desolava l'Italia si rovesciasse sul Piemonte.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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