- Alla terza - disse - il giuoco ti potrebbe puzzare.
Ma parve che invece avesse detto alla scimmia: risalimi in capo; e di nuovo v'era per la terza volta, prima che finisse di dire. Ma farla volar per aria e buttarsi addosso al giullare, metterselo sotto e stordirlo di sganascioni, fu tutt'una cosa. Il pover'uomo gridava e, cercando d'arrotarsi, faceva ogn'opera di sgattaiolare di sotto quella tempesta: ed alla fine, aiutato da molti che s'intromisero intercedendo per lui, gli venne pur fatto e se n'andò racconciandosi alla meglio che potette di quella sconfitta. Chi v'era stato presente credette, come avrebbe creduto ognuno, che que' due, se prima non si conoscevano né si curavano l'uno dell'altro, ora avessero ad esser piú nemici che amici; ma s'ingannavano, che, invece, si conoscevano, erano amici ed in tutto d'accordo; e ciò si dice per non esser nostro costume d'ingannare il lettore, onde fargli poi colpo colle sorprese.
Questo piccolo disordine si passò cosí, senza che ne seguisse altro; ed intanto s'era chiusa la notte affatto e, radunatasi maggior compagnia nel cortile, illuminato da spesse fiaccole di legno impeciato conficcate in arpioni di ferro. Era un gran da fare per tutta la casa, nelle cucine e nelle stalle, un gran correr di servi per preparar le vivande e le tavole e per accomodare i ronzini di chi giungeva. Mentre finiva la questione della bertuccia, era entrata una compagnia a cavallo, ove venivan primi un uomo d'alta e bella presenza, vestito d'una larga roba di panno rosato, foderata d'ermellini col suo cappuccio compagno, ed una donna fresca e colorita, con panni da cavalcare ricchi ed onorevoli; e, tanto l'uno che l'altra, con due bei falconi incappucciati sul guanto.
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