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      EDWARDO (gettandosi in ginocchio). Ah signore per carità se nella scorsa campagna ho meritata questa decorazione; se ho mostrata la mia buona volontà, se le cicatrici che porto mi rendono degno di qualche riguardo, concedetemi un poco di tempo: farò qualunque cosa, mi esporrò a qualunque pericolo, darò tutto il mio sangue, ma per amor del cielo non mi obbligate a questo passo; almeno senta il re le mie ragioni; certo non voglio credere che abbia potuto in questa maniera cosí barbara decidere della mia sorte.
      GERTRUDE. Come cosí barbara? Briccone. Questo è ciò che mi dicevate stamane?
      EDWARDO. Eh! Andate...
      COLONNELLO. Vorrei poter esser in grado di acconsentire alle vostre domande, ma io debbo ubbidire alla volontà sua e perciò sono costretto a far che vi diate sul momento la mano.
      EDWARDO. Signor Colonnello ascoltatemi. Voi vedete in me un uomo disperato. Io sono pronto piuttosto a passarmi qui il petto. (Mette mano alla sciabola e Fritz all'orecchio)
      FRITZ. Bada che ti farai male.
      COLONNELLO. Mi rincresce della vostra disperazione ma...
      GERTRUDE. Questo giovane sicuramente finge, non mi pare poi che io...
      EDWARDO (con rabbia). Non fingo, no, non fingo. Che ne dite signor Colonnello, fingereste voi a mio luogo? (Si sente battere il tamburo, e si vanno introducendo soldati sulla scena.)
      FRITZ. Ecco l'appello per la rivista.
     
     
     
      SCENA SETTIMA
     
      (Compare il re al fondo del teatro.)
     
      FEDERICO e DETTI.
     
      EDWARDO (corre a gettarsi ai piedi del re). Ah Maestà!!! mi faccia carcerare, incatenare, fucilare...
      FEDERICO. Che cos'è? Che cos'è?... Alzatevi. Colonnello...?
      COLONNELLO. La disperazione in cui Vostra Maestà vede questo soldato è cagionata dall'ordine vostro ch'io stava facendo eseguire, e se ho tardato, mi è stato poc'anzi soltanto rimesso il biglietto, onde.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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