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      ROSA. E poi pretenderebbe che la povera gente mandassero i figliuoli a quelle sue scuole dei bambini, che tiene la signora Malpierini.
      PADRE MELINI. Oh, qui, poi, avete ragione. Invenzioni del demonio, figliuola, dove s'impara il disprezzo della religione, si perde il santo timor di Dio.
      ROSA. Dio mio, per me non c'è pericolo, e i bambini di mia figlia, tante glie n'ho dette, che non ce l'ha mai mandati.
      PADRE MELINI. E avete fatto bene.
      ROSA. E anche la signora Duchessa me l'aveva detto... ora poi, figuriamoci, che le ho raccontato della Santa Filomena che il conte Ranzoni ha fatto levare.
      PADRE MELINI. E gliel'avete raccontato?
      ROSA. Ma ieri Vostra Paternità non mi disse che fosse un segreto.
      PADRE MELINI. È vero; ma neppure v'ho detto che fosse necessario di dirglielo... Povera signora, dev'essere stato un dispiacere!
      ROSA. Immagini: si vede che se n'è proprio afflitta... dianzi era tutta in collera, che persino s'è inquietata con me.
      PADRE MELINI. E non le avete raccontato altro di quello che vi dissi ieri?
      ROSA (con esitazione). Forse ho fatto male e non dovevo dirlo... ma non ho potuto tenermi... le ho detto dell'insolenza della contessa Ranzoni.
      PADRE MELINI. Oh qui avete fatto male, figliuola.
      ROSA. Ma neppur questo m'aveva detto di non dirlo.
      PADRE MELINI. Ma, figliuola mia, credevo che aveste capito che lo dicevo a voi, come sua prima cameriera, perché faceste in modo che non si mancasse al servizio della signora Duchessa; ma ciò senza darle disturbo con questi pettegolezzi. Male, figliuola, male; alle volte da queste inezie nascono guai, discordie.
      ROSA. Ma Dio mio... non sapevo... mi perdoni...
      PADRE MELINI. Ma non intendo sgridarvi, l'avete fatto con buona intenzione... Ora la cosa è fatta.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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