DUCHESSA. Neppur di costui mi ricordo.
PADRE MELINI. Eh, che vuole, sono persone che, nella sua posizione, è naturale che nemmeno sappia che esistano. Questo Tesotti s'è trovato a Parigi senza mezzi: la miseria... i vizi... s'è venduto. E siccome nell'emigrazione è tenuto dei piú caldi, è in tutti i segreti, è, si può dire, uno de' capi e nessuno ha ombra di sospetto su lui, ha potuto rendere di gran servizi. Il ministro d'Austria, che avevamo prima del conte di Lovenfeld, lo fece venir qui, riscaldò i liberali, s'intese con loro, andò a Parigi e Londra, riscaldò Mazzini, che non ci volle molto, ed alla fine è riuscito a condur qui Arialdi segretamente. La polizia del conte Ranzoni non l'ha saputo... o, per dir meglio, uno solo l'ha saputo perché era necessario... il primo commissario, ma è uomo nostro, e non farà rapporto al ministro e, se altri ne facessero, dovendo passar per le sue mani, non giungeranno. Lei conosce il carattere timido di Sua Altezza e quale spavento abbia de' liberali, delle congiure, de' moti rivoluzionari, e sia certa che il credito del conte Ranzoni si fonda piú di tutto sull'arte ch'egli ha di calmar le paure del Principe e rassicurarlo. Se poi il conte non creda realmente a questi pericoli, o mostri di non credervi per piacere a Sua Altezza, non saprei deciderlo. Ma poco importa. Ora, se noi possiamo condur le cose in modo che questo movimento si combini e giunga fino ad un principio d'esecuzione, senza che il Conte l'abbia né conosciuto né impedito, Sua Altezza perderà la sua fiducia in lui, e il men male che gli possa accadere è di non esser piú al ministero l'indomani.
DUCHESSA. Non c'è dubbio che la conseguenza sarebbe questa.
PADRE MELINI. Certamente.
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