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      Vennero ad uno ad uno tutti quelli che avea nominati Fieramosca, e molti altri; sicchè in breve spazio di tempo furono una cinquantina. Le parole erano molte e grandi, ed ognuno mostrava negli atti e nel volto quanto gli cuocesse l'ingiuria ricevuta. Parecchi fra gli Spagnuoli che la sera innanzi s'eran trovati a cena, e che avean fatto motto ai loro amici italiani, si erano qui condotti, e si mescolavano fra loro ripetendo or questa or quella delle parole tanto d'Inigo quanto dei prigionieri, e facendo osservazioni, proponendo partiti, o citando esempi, attizzavano un fuoco che già troppo bene ardeva per sè medesimo.
      Questa brigata stava, parte per la soglia del portone e dispersa nel cortile, parte in una sala terrena, ove i fratelli Colonna solevano dar retta ai loro uomini quando bisognava, e sbrigare gli affari della compagnia. Vi splendeano appese al muro le loro armature messe d'oro molto riccamente, con finissimi intagli, forbite e lustranti come specchi. Si guardava in questo luogo la bandiera della compagnia, sulla quale era ricamata la colonna in campo rosso, col motto Columna flecti nescio; la quale pure si vedeva dipinta sugli scudi, che coll'altr'arme disposte convenevolmente all'intorno occupavano quasi tutte le pareti. In fondo due cavalletti rossi di legno sostenevano l'intere armature de' cavalli con loro selle e gualdrappe di bel velluto cremisi, fregiate dell'impresa di loro casato, e le ricche briglie tutte ornate di ricami d'oro, degne di tanto onorati signori.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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