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      Verso sera Fieramosca e Brancaleone giunsero alla porta della città. Appena messi dentro, cominciò a formarsi intorno a loro una folla d'officiali, d'uomini d'arme, di soldati, che s'ingrossava di quanti incontravano per strada; e tutti volevano esser primi a sapere la risposta de' Francesi. - Com'è andata? che cosa hanno risposto? chi combatterà? quando? dove?... - Ma i due amici dicevan, ridendo a questa furia: venite alla rôcca e lo saprete. Giunsero alla rôcca, ed introdotti a Consalvo, Fieramosca gli consegnò la lettera del duca di Nemours, che quegli lesse ad alta voce, e diceva accettarsi la sfida, ma negarsi d'accordar campo franco. Questo rifiuto parve strano a tutti, ed il gran Capitano disse:
      - Non mi sarei aspettato che i Francesi cercassero sotterfugi per ischivar la battaglia. Ma il campo franco l'avrete: io ve l'assicuro.
      Poi chiamato un suo scrivano gli disse: "Scriverai al duca di Nemours, stia di buona voglia, chè l'ostacolo è tolto; che gli offerisco una tregua sin dopo il combattimento; ed in fine, che fra due giorni aspetto mia figlia D. Elvira, alla quale intendo far un po' di festa; se egli vuole, mentre si posan l'armi, venire a goderla con noi, sarà cagione di renderla più lietaFra lo scrivere, lo spedir la lettera e ricever la risposta, passaron appena due ore. Il duca di Nemours accettò l'invito, e la tregua, che fu bandita per la città a suon di tromba quella sera stessa, insieme co' nomi de' combattenti italiani, ai quali per compiere il numero voluto dai Francesi, si aggiunsero altri tre, e furono:


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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