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      Lontano per molto tempo dai luoghi ove guerreggiava Grajano, non ne aveva più udita novella da un pezzo. Alcuni soldati venuti di Romagna, o fossero male informati, o scambiassero il nome, gli avevano affermato che era stato ucciso. Il prestar fede a costoro faceva troppo al caso suo, perchè molto si studiasse a non credere, o si desse briga di acquistar certezza del fatto. Accade di rado che ove si tema di scoprire il proprio danno, si desideri di veder chiaro: così trascurando sapere il vero, era venuto indugiando sino a quel giorno, nel quale gli occhi suoi propri l'avevano finalmente tratto d'inganno. Tornò in Barletta sempre combattendo con se stesso; e sempre in contrasto s'egli doveva dirlo, o non dirlo a Ginevra. Il primo partito lo divideva da lei per sempre, il secondo gli sembrava colpevole; e poi come fare a nascondere qualche cosa a quella che era avvezza a leggere tutti i suoi pensieri?
      Così, sempre fra due, giunse all'isola: non aveva ancora risoluto nulla, quando trovò la Ginevra, e costretto dalla circostanza a decidere pel sì o pel no, s'attenne provvisoriamente al secondo partito, dicendo fra se stesso, penseremo poi.
      - Son venuto tardi stasera, - disse egli, salendo la scala, - ma abbiamo avuto un gran da fare oggi, e vi sono gran novità.
      - Novità! - rispose Ginevra. - Buone o cattive?
      - Buone; e coll'aiuto di Dio fra qualche giorno saranno anche migliori.
      Giunsero sulla spianata avanti la chiesa: all'estremo ciglio ove lo scoglio cade a piombo nel mare v'era un muricciuolo per riparo, alcuni cipressi in circolo, in mezzo ai quali era piantata una croce di legno, e tutt'intorno molti rozzi sedili.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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