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      Ma D. Michele, che a quella pausa pensò al peggio, disse fra denti: - Per Dio ci siamo! Volle provare d'entrar in trattative per uscir dalle mani; ma alla prima parola gli fu chiusa la bocca con un pugno che gli cacciò due denti in gola. Non potendo nè vedere, nè parlare, stava ad orecchie tese. Sentì i ladri che trattavan fra loro di dividere il denaro ed i prigioni: gli udì parlar di taglia, e speculare qual de' due paresse poterne pagare una maggiore. Fra varie voci che parlavano diversi dialetti, tutti però italiani, ne avvertì una che aveva pronunzia forestiera e piuttosto tedesca; ma nel meglio delle sue osservazioni si sentì prendere da molte braccia, e caricar sulle spalle di due uomini che s'allontanarono dalla comitiva, senza che potesse indovinare che direzione prendevano.
      Il viaggio durò più d'un'ora, frammezzato da pause, durante le quali il portato era non molto gentilmente deposto in terra, ed i portatori si riposavano. A D. Michele intanto, fra il terrore, naturale anche ad un uomo valoroso, di morire scannato come un cane da que' ribaldi, i legami che lo stringevano, e l'angoscia di star sulle spalle altrui posato sugli acuti canti d'un'armatura, cominciava ad increscer fieramente questo giuoco.
      Alla fine pur si fermarono. S'udì lo strepito d'una grossa porta che s'apriva. Entrarono, la porta chiudendosi di nuovo risuonò alle spalle. Qui D. Michele fu sciolto, e, condotto pochi passi più avanti, ebbe sbendati gli occhi e si trovò in una camera ove per uno spiraglio entrava un po' di chiarore di luna.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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