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      Zoraide gli si fece incontro al sommo della scala che per pochi scalini scendeva al mare, ed era vestita con più cura che non parevan domandarlo il luogo e l'ora.
      - Gennaro, - disse, - verrei con te a Barletta. Queste poche parole erano state pronunciate con una certa esitazione così nuova per Gennaro, avvezzo ad udirla parlar risoluto e tronco, che rimase un momento guardandola prima di rispondere che era padrona, ed era troppo onore per lui, e solo gli doleva non avere spazzato il battello e messo un panno onde stesse con maggior agio. - Ma ora torno; fo in un momento, - disse, e voleva andare per le cose che gli occorrevano. Zoraide gli afferrò un braccio, e l'ortolano si sentì dare tale stretta che la guardò negli occhi; pensava fra sè: è impazzita, o spiritata costei?
      La donzella aveva lasciata Ginevra ancora in letto, e non voleva entrare in ispiegazioni circa questa sua gita, che non poteva a meno di non parere strana, essendo la prima volta che usciva dal monastero. Le sembrava ogni momento che si tardasse a partire veder comparire la sua amica.
      Perciò con poche parole, e con voce di comando più che di preghiera, affrettò l'ortolano a scendere, e fu da lui condotta alla città. Costui mentre remigava non ristette mai dal cicalare, dicendole che l'avrebbe menata per tutto, che era amico del cameriere di Consalvo, e che nessuno meglio di lui avrebbe potuto trovarle luogo per goder delle feste. Giunsero sulla piazza al Castello, quando Consalvo e tutti i suoi coi baroni francesi si avviarono ad incontrar D. Elvira; e le preghiere di Zoraide che non la lasciasse sola, non volsero a trattener Gennaro dal seguir la cavalcata fra la polvere e gli urti della folla.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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