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      Entrò nell'arena Grajano bene a cavallo su un gran destriero morello coperto d'una gualdrappa color arancio, ed un araldo gridò ad alta voce il suo nome; dopo di che, il cavaliere andò sotto il palco di Consalvo, e percosse colla lancia tre volte gli scudi d'Azevedo e d'Inigo: un fremito interno ed involontario scosse ogni fibra di Fieramosca quando udì pronunziare quel nome. Si rinnovò il rimorso d'aver taciuto a Ginevra ch'egli era vivo; e come l'uomo è tanto più atto a far buoni propositi quanto più ne scorge remota l'esecuzione, stabilì di nuovo di svelarle tutto alla prima occasione.
      Intanto si cominciò a combattere, ed il guerriero piemontese, che per robustezza e maestria nell'armeggiare era contato fra' primi, ottenne deciso vantaggio sopra Azevedo, benchè non riuscisse a scavalcarlo: ed anche con Inigo si portò in maniera che il giudizio d'ognuno rimase in favor suo. Dopo di lui si provarono molti Francesi, il signor de la Palisse, Chandenier, Aubignì, e La Motta che, stizzito pel contrasto avuto con Diego Garcia circa il combattere il toro, quel giorno fece maraviglie.
      Per dire il vero i tre Spagnuoli, che avean preso a difender il campo, ebber la peggio, e dovettero accorgersi che porsi tre soli di loro contra le migliori spade dell'esercito francese era un'impresa troppo maggiore delle lor forze. Rimanevano però ancora in sella Inigo ed Azevedo; e Grajano, che già gli aveva combattuti una volta, si mosse di nuovo contro di loro. La stanchezza ch'essi provavano del tanto combattere gli giovò forse in parte; comunque sia, a lui toccò la fortuna di finir la guerra abbattendoli l'uno dopo l'altro, e fu dichiarato vincitore della giostra.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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