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      .. Eppure... aspetta, Rosso, prima di buttarlo a mare, voglio vedere se ancora l'ha al collo. L'oro, se non altro, è meglio non vada in bocca ai pesci.
      In così dire, sfibbiato il giubbone davanti al giovane, trovò la catena, e recatasela in mano la faceva vedere al duca che si mostrava tutto attento alle sue parole.
      Non potè il Valentino esser tanto uguale a se stesso da dissimulare l'improvviso turbamento che gli cagionò quella vista. Rimase un momento sopra di sè; e le mani, che unite reggevano la gemma pendente dalla collana, gli caddero sulle cosce come avessero perduta ogni forza. Si rimise seduto nel luogo ov'era prima, ordinando la seconda volta con voce tronca si gettasse a mare il cadavere. E volta la testa dall'altra parte, conobbe che era stato tosto ubbidito, dal tonfo che udì nell'acqua, e dagli spruzzi che vennero nel battello: ristretta in pugno la catena, scagliolla lontano, e serratosi nel mantello, appoggiato il capo su una mano, ammutolì.
      D. Michele, fingendo rispetto pei pensieri che occupavano il duca, si scostò sedendo fra gli uomini che conducevan la barca, e tutti in silenzio vogarono; nè s'udì più per tutto il viaggio che il leggiero strepito dell'acqua che stillava da' remi, quando eran alzati sul mare. Lo sgherro del Valentino ebbe una vendetta che nessuno al mondo aveva ottenuto forse mai da quell'uomo; riuscì a ridestargli nel cuore memorie che gli fecero provare certo che di simile al rimorso; a quel rimorso che spogliato d'ogni conforto somiglia alla disperazione dell'inferno.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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